
A proposito di genitorialità "non convenzionali", l'altro giorno ho guardato con occhi nuovi la foto della mia tata.
era una donna del beneventano, alla quale non avevano permesso di studiare perchè c'era bisogno anche del guadagno di una bambina di 5 anni per mantenere la famiglia.
Aveva iniziato a raccogliere le olive rimaste sul terreno, dopo che i contadini erano andati via; poi aveva lavato i piatti da una signora, poi aveva aiutato con i figli in un'altra casa ed era stata molto brava in queste cure parentali, per cui ha continuato tutta la vita a fare la bambinaia.
Mia madre la conobbe per caso, quando lavorava a Napoli e Peppina ha vissuto a casa nostra per oltre tren'anni.
Non si è mai sposata, non ha mai avuto una vita di coppia. I suoi figli eravamo noi e la nostra madre era... anche lei.
Secondo una sorella maggiore, il suo affetto materno ci ha salvato dall'inflessibilità di due genitori "paterni". Lei ci poteva amare incondizionatamente, perdonarci illimitatamente, proteggerci con una istintualità animale.
Qualcuno mi ha detto che sembrava una donna india. Chissà. Forse un po' ho ritrovato la sua spontaneità nelle parteras maya, analfabete, che mi abbracciavano e mi auguravano molti figli.
Un giorno, mentre mio padre era in coma, ho alzato lo sguardo e sulla sedia era seduta una giovane donna dell'est. Questo era quello che io sapevo con la logica, ma per alcuni istanti ho fissato in lei il volto di Peppina.
Non era la stanchezza, l'illusione, il dolore o altro. Era lei, tornata vicino a noi per consolarci con il suo affetto, per farci sentire che il distacco non è mai definitivo, che siamo sempre tutti uniti, la famiglia sulla terra e quella nel cuore.
Chissà che direbbe adesso che la sua ultima bambina è diventata mamma a sua volta. Chissà lissù quanti sorrisi dolci le starà facendo.