Yucatan

io sono consapevole di essere stata generata da Questa Terra con semplicità con volontà

30 October 2006

Sogni da una lontananza

Non so perchè, ma, quando mi allontano da casa e dall'Italia, i miei sogni si moltiplicano all'infinito.
Notti fa sognavo mia madre alla guida. Lei ha avuto la patente, ma non la usa da almeno quarant'anni. ed invece nel sogno era alla guida. Era sera. Io dietro di lei e la sorella di mio cognato (!) vicino a me e mia madre che andava all'indietro su per la salita che esce da casa di mia sorella. Ad un certo punto svolta ed io inizio a urlare perchè penso che vada in collisione con il muro di tufo ed invece lei ha visto una piccola traversa dove poter svoltare e rimettersi a muso avanti.

Stanotte invece ho sognato mio padre. Era nella villa che abbiamo venduto. In giardino. Su una chaise longue che è stata una specie di culla nelle mie estati di bambina.
Avevamo fatto delle modifiche alla casa non mi ricordo perchè, tra cui costruire una cucina all'aperto, che al momento perdeva acqua. Io chiedo ad un amico di stringere gli snodi e torno sul davanti della casa, dove vedo un tavolo tipo per una premiazione, una giuria informale, con delle persone anziane sedute che so essere amici di mio padre, che parlano e ridono e dicono, ridendo ma con affetto: Guarda Gianni che si è addormentato. Io guardo sulla sdraio e lui è lì, oltremodo magro, sul fianco, in posizione quasi fetale che dorme. Ma nel sonno ha freddo e, anche se c'è il sole, trema. Tremando si sposta e ora è di traverso sulla sedia. Allora prendo dei teli da spiaggia (che abbiamo avuto in casa davvero per anni) e cerco di coprirlo. Gli copro i piedi, gli copro il corpo, ma cerco di non svegliarlo. Solo che per il tremore i teli cadono. Io so che i suoi amici mi stanno guardando e pensano: Guarda com'è premurosa. e so che sicuramente avrá meno freddo, ma i teli cadono ed io devo andare a vedere se l'acqua esce ancora.

Solo stamattina mi sono resa conto che avevo sognato mio padre e mi sono ricordata che lui non c'è più ed ora non c'è più nemmeno la villa. Non so che sensazione mi ha lasciato il sogno. Sono molto sbigottita e continuo a vedere le sue mani intrecciate, i nervi tesi delle gambe.

28 October 2006

Messico e nuvole

Miei cari,
come avrete notato, negli ultimi giorni sono decisamente assente.
Il Messico mi ha avuto.
L'avventura è iniziata e, superato il limen del viaggio e del distacco, mi sono immersa totalmente nella vita yucateca.
Qui siamo in pieno convegno di Americanistica e domani, se il cambio di ora non provocherà danni irreparabili sull'organizzazione, avremo anche la conclusione dell'evento.
Parole, relazioni, saluti, sorrisi, incazzature, stupori, dibattiti, confronti.
E l'amore per questa terra che si rinnova nei momenti più inaspettati.
Affondare il naso nelle tortillas calde, salutare la gente che non ti conosce, rimepirsi gli occhi dei colori netti e senza ombreggiature delle donne e dei loro vestiti.
Coinvolge tutti i sensi, anche quelli estatici o allucinati che qui valgono a tutti gli effetti come mezzi di conoscenza e di percezione.
Su tutti, non è solo stereotipo, il chile che estremizza il sapore del cibo, che sazia gli stomaci vuoti per la povertà, che disinfetta dove non ci sono le necessarie infrastrutture, che rende più forte il cuore per farci stare dentro tutto.

20 October 2006

Ancòra di sicurezza

16 October 2006

Distacco

Il Messico si avvicina. Sabato sarò in volo.
L'Italia si allontana. Devo preparare la valigia e decidere che cosa metterci dentro.
Sicurezze? poche.
è un periodo di rimessa in discussione del dove, del come, del chi e del con chi.
Prospettive? nebulose.
fino a quando avrò la determinazione per costruire la mia strada? fino a quale livello di difficoltà?
Affetti? molti, ma sempre dislocati.
Ed allora staccati dagli uni per raggiungere gli altri, dai quali poi ti dovrai staccare per stare con altri ancora, cercando di essere presente nella vita o meglio nel cuore di tutti, ma dovendo sempre tirar via un pezzo del tuo.
Frustrazioni? molte.
Questa parola campeggia su tutte e riempie buona parte del bagaglio.
Non essere onnipotente, non essere onnipresente, non riuscire a condividere l'affetto, avere paura di sbagliare e non essere all'altezza, avere paura che poi tutta questa paura si possa chiamare codardia. e mi chiedo quale sia poi il confine fra l'educazione, il rispetto e la mancanza di coraggio.

12 October 2006

Esperienza tattile

...Preferisco cucinare al buio. Conoscere ogni odore.
Preparare il piatto. Curarlo dalla malattia della divisione. Non mischiare ma unire.
Non leggo giornali. Ricettari alla bilancia di profumi stampati a freddo.
Preferisco la bracciata stretta di un libro comprato al banco di frutta tra centinaia di cose morte.

Francesco Arleo
Scappa
non credo che tenterò di cucinare al buio. Ma almeno vorrei prendere il suggerimento di cucinare per unire, per guarire dalla divisione.

07 October 2006

regalo per gli ammalati di parolite

LXV

Brilla la goccia di metallo
come una sillaba nel mio canto?

E non si trascina una parola
a volte come un serpente?

Non ha crepitato nel tuo cuore
un nome come un'arancia?

Da quale fiume escono i pesci?
Dalla parola argenterìa?

E non naufragano i velieri
per un eccesso di vocali?

P. Neruda
Il libro delle domande

04 October 2006

toccare e non guardare

ottobre è iniziato con un esplosione di emozioni ed esperienze. L'incontro con Rodocrosite, la mansarda affacciata sulla cupola del Brunelleschi, le foto di Lophelia, il concerto di Marisa Monte e un percorso tattile esplorativo che è stato assolutamente sconvolgente.
Pochi metri ad occhi bendati per entrare in una percezione della precarietà inaspettata.
Ed in contemporanea la riappropriazione del tatto come strumento di esplorazione, non complementare ma principale.
E l'argilla come stimolo a quest'esperienza.
In un posto suggestivo come il Cortile delle Donne, un percorso ad occhi chiusi per conoscere tattilmente la ceramica - argilla, creta... - e incorporarne le porosità le asperità le scorrevolezze.
Ma il pensiero, durante il buio, era fisso: "Ok, per ora cerco di indovunare, ma solo dopo essermi tolta la benda, guardo e saprò".
Andava tutto bene, perchè c'era inprescindibile l'idea della temporaneità del buio.
E quando gli oggetti sono apparsi nella loro corporeità lo staniamento è stato ulteriore: erano colorati, erano più piccoli.... erano banali anche.
Eppure le mani li avevano conosciuti nelle fibre e con le fibre e "sapevano" qualcosa che lo sguardo non sapeva e non immaginava di non sapere.
Esclusa la vista come sarebbe il mondo?