la realtá tangibile
Ero sotto terra, in un calabozo e per una magia divina ho avuto accesso ad un pezzetto di matita, con il quale ho potuto scrivere un poema di amore e dolore.
La realtá tangibile non era vivibile. Dovevi vivere nella fantasia.
Mauricio Rosencrof. Un uomo "morbido", dagli occhi sereni e azzurri, intensi. Pensare che per 13 anni ha vissuto in un pozzo, in una cella sotterranea di 60 centimetri per un metro e ottanta, durante la dittatura in Uruguay.
Ed ora lo racconta, perchè il giuramento che aveva stretto con gli altri compagni di prigonia, in altri calabozos vicini, era: chi sopravvive, chi esce di qua, scrive tutto quello che è successo; dá la testimonianza per tutti che abbiamo vissuto.
e lo racconta senza cadere nell'aneddoto o nel puro biografismo, senza nemmeno accennare alle torture... Racconta di come sottoterra, privati da ogni contatto e relazione umana, si possano progettare rivoluzioni, resistenze, poemi, si possa aprire la porta colorata e densa dell'oblio e scoprirvi un mondo. Primo Levi, Gramsci, Rosencrof.
Poi ti guardi in giro, ti arrabbi per l'automobilista arrogante che ti ruba il parcheggio, corri per pagare la bolletta e ti chiedi dove sia la fantasia e che cosa significhi vivere.
Sará banale, ma è umanamente possibile immaginare 13 anni chiusi, senza vedere senza abbracciare senza viaggiare senza decidere. Ovvero che significa vedere, decidere, abbracciare? e poi uscire e dover affrontare una nuova normalitá.
e scriverla e pubblicarla, rimanendo forse bloccati in quei momenti, dovendoli rivivere e non potendoli far passare. Ma forse curandosi attraverso nuovi applausi, nuovi sguardi di attenzione e comprensione.
Avere davanti quest'uomo e vederlo così simile a tanti altri.
Faccio finta di niente, ma ogni tanto il pensiero torna ad immaginare il buio e la magia.
La realtá tangibile non era vivibile. Dovevi vivere nella fantasia.
Mauricio Rosencrof. Un uomo "morbido", dagli occhi sereni e azzurri, intensi. Pensare che per 13 anni ha vissuto in un pozzo, in una cella sotterranea di 60 centimetri per un metro e ottanta, durante la dittatura in Uruguay.
Ed ora lo racconta, perchè il giuramento che aveva stretto con gli altri compagni di prigonia, in altri calabozos vicini, era: chi sopravvive, chi esce di qua, scrive tutto quello che è successo; dá la testimonianza per tutti che abbiamo vissuto.
e lo racconta senza cadere nell'aneddoto o nel puro biografismo, senza nemmeno accennare alle torture... Racconta di come sottoterra, privati da ogni contatto e relazione umana, si possano progettare rivoluzioni, resistenze, poemi, si possa aprire la porta colorata e densa dell'oblio e scoprirvi un mondo. Primo Levi, Gramsci, Rosencrof.
Poi ti guardi in giro, ti arrabbi per l'automobilista arrogante che ti ruba il parcheggio, corri per pagare la bolletta e ti chiedi dove sia la fantasia e che cosa significhi vivere.
Sará banale, ma è umanamente possibile immaginare 13 anni chiusi, senza vedere senza abbracciare senza viaggiare senza decidere. Ovvero che significa vedere, decidere, abbracciare? e poi uscire e dover affrontare una nuova normalitá.
e scriverla e pubblicarla, rimanendo forse bloccati in quei momenti, dovendoli rivivere e non potendoli far passare. Ma forse curandosi attraverso nuovi applausi, nuovi sguardi di attenzione e comprensione.
Avere davanti quest'uomo e vederlo così simile a tanti altri.
Faccio finta di niente, ma ogni tanto il pensiero torna ad immaginare il buio e la magia.
Labels: Rosencof, somos nuestra memoria, Uruguay